lunedì 28 maggio 2018

L'uccellodotto

Da sempre l'umanità costruisce infrastrutture, è forse la nostra caratteristica più peculiare.
Fin dall'inizio della nostra storia abbiamo necessità di spostare beni e risorse sul territorio, in modo da garantirne l'approvvigionamento alle città e ai campi coltivati, o per permettere agli eserciti di muoversi con rapidità sul territorio. Molte risorse erano così importanti e preziose da giustificare la costruzione di opere immense, monumentali, che per l'epoca dovettero essere uno sforzo immane. Infrastrutture che permettevano di attraversare ostacoli e percorrere grandi distanze in poco tempo e con meno fatica, in modo sicuro.
Questo specchietto ci permette di capire anche che cosa era considerato "prezioso" ed "importante" da un popolo. In tempi antichi si costruivano gli acquedotti e le prime rudimentali forme di viadotto, le necessità e le disponibilità tecnologiche erano più modeste. In tempi moderni abbiamo costruito ferrovie, poi autodotti, per connettere le nostre città e permettere spostamenti a velocità prima inimmaginabili. Anche oggi le nostre necessità si riflettono nelle grandi opere, e così abbiamo elettrodotti, oleodotti, gasdotti, una capillare rete di autodotti ed autostrade, in alcune occasioni ho sentito parlare di "datadotti", riferito sia ai grossi cavi transoceanici sia alle dorsali che permettono di trasferire rapidamente grandi moli di informazioni. Scaviamo gallerie sempre più profonde nelle montagne, costruiamo ponti sempre più lunghi su laghi e bracci di mare per soddisfare i nostri bisogni.

Appunto, ogni popolo costruisce l'infrastruttura che più gli serve, per ciò che considera importante.
Che cos'è importante per il cacciatore veneto?

L'oseo!

Effetto dissolvenza...

Un forestale ci raccontava di un'operazione svolta molti anni prima in un roccolo, quando ancora i controlli si facevano con più frequenza.
Per chi non lo sapesse un roccolo è una struttura autorizzata dalla provincia per l'uccellagione, altrimenti severamente vietata. Il roccolatore con le reti cattura i volatili selvatici e poi li consegna alla provincia, la quale poi, secondo una graduatoria, li regala ad un certo numero di cacciatori. In genere il roccolo è affidato ad una persona di fiducia - leggasi cacciatore - che lo gestisce, rendiconta il suo operato e consegna i suoi volatili ad incaricati della provincia. In teoria dovrebbe anche liberare le specie non oggetto di prelievo.

Cosa succede quando il gestore non è poi degno di così tanta fiducia?

È già successo in passato che il roccolatore tenesse per se una parte dei volatili catturati, oppure quelli che muoiono per lo spavento, lo stress o le gabbiette in cui vengono costretti, per poi rivenderli, ed è per questo che i forestali tenevano d'occhio queste strutture, la tentazione è forte e gli acquirenti non mancano.

Come trasportare decine di volatili, sia vivi che morti, sotto il naso di eventuali agenti che controllano tutti gli accessi e i movimenti di persone nell'area?

È un problema non da poco. Attorno a questo business girano molti soldi, non solo di cacciatori sempre bisognosi di richiami vivi, ma anche di ristoranti che fanno il famoso spiedo.

Per questa ragione un gruppo di intraprendenti cacciatori locali, in tempi non sospetti, aveva scavato nel bosco e nella roccia un condotto, per poi rivestirlo ed occultarlo, abbastanza grande da far scivolare verso valle un uccello e con la giusta pendenza e senza salti, in modo che calze e sacchetti non prendessero troppa velocità o non rimanessero bloccati. Pare che che il tunnel partisse direttamente dal roccolo e finisse a valle, in casa di un complice. In questo modo pensavano di poter eludere i controlli, e per un certo periodo ci riuscirono anche.
Però le forze dell'ordine subodorarono che qualcosa di strano stava succedendo, ed iniziarono ad indagare. Dopo molto tempo, appostamenti, riprese e controlli incrociati capirono che c'era qualcosa di davvero strano, ma non riuscivano a capire cosa e come.
Infine, grazie al brillante intuito di una squadra unito a un pizzico di fortuna, trovarono una sezione parzialmente scoperta dell'uccellodotto e poterono seguirlo fino a casa del complice, trovando... Di tutto. Letteralmente di tutto. La cupidigia dei cacciatori è sfrenata, e quando hanno l'occasione di "abbuffarsi" perdono qualsiasi freno inibitore; devono catturarne tanti, di ogni specie. Traffico illecito, ricettazione, cattura di specie protette e superprotette sono la consuetudine; e questa volta non fa eccezione. I responsabili vennero identificati e l'uccellodotto smantellato, ma rimane la convinzione che molte più persone fossero a conoscenza e abbiano partecipato attivamente alla realizzazione e alla manutenzione dell'infrastruttura e allo smerciamento della refurtiva. L'omertà regna sovrana.

Così finisce la storia dell'uccellodotto, opera dell'ingegno del popolo dei cacciatori che con temerarietà affrontava le sfide e le insidie di un mondo in evoluzione e cambiamento, tentando di sopravvivere e sottrarsi ad un inevitabile oblio, e che dècade dopo dècade lascia sempre meno spazio a pratiche crudeli e al depauperamento incontrollato del nostro delicato patrimonio faunistico ed ambientale.