martedì 22 ottobre 2019

h36

Veniamo contattati da un signore a cui hanno sparato al cane. Viene da un posto vicino a $contrada_abominio, luogo di inenarrabili nefandezze di cui già molte volte ho parlato. Una delle roccaforti del bracconaggio in provincia e probabilmente anche in Italia.
Diciamo al signore di raggiungerci in comando per le deposizioni, in modo partire con le indagini, e gli diamo disposizione di portare la salma del cane dal veterinario per radiografie e altri esami di rito. Ebbene sì, gli hanno sparato.

Qualche giorno dopo il signore ci raggiunge in comando e quando entra rimaniamo tutti molto sorpresi.
Ormai abbiamo un sesto senso, quasi un dono magico: riconosciamo al volo un cacciatore anche se non è in mimetica ed armato. Non so spiegarlo, ma la definizione che mi viene meglio è "faccia da tagliagole".
E lui ce l'aveva.

Che ci fa un cacciatore da noi? Per giunta di $contrada_abominio". Chiede aiuto? Mai successo prima. L'odio che nutrono per noi è qualcosa di viscerale, forse genetico. Non lo farebbero mai. Che sia una trappola?
Lì le faide tra famiglie partono per futili motivi e durano generazioni, il ricorso alla giustizia è vista come un onta, un disonore, figuriamoci ricorrere agli animalari, come ci chiamano.

Il signore inizia a spiegarci la storia. Tutto è iniziato per una contesa su una preda abbattuta, che poi è proseguito nel tempo con angherie e dispetti fino all'esecuzione del suo cane.

Perché ci racconta tutto questo? Quel genere di cose se le risolvono sempre da soli tra di loro. L'omertà regna sovrana, nessuno vede, sente o sa mai nulla, a meno che non sia minacciato di confisca delle armi e revoca della licenza; in qual caso venderebbero anche il loro migliore amico. Ma non è questa la situazione.

Il cane giustiziato è un meticcio.
Strano, i cacciatori raramente hanno meticci. 
Infatti non era il cane da caccia, ma il cagnetto da compagnia della famiglia.

È difficile riuscire a spiegare la dicotomia nella mente di questa gente: hanno cani, ma a volte alcuni vengono lasciati liberi anche per casa, salgono sul divano, dormono al caldo, vengono coccolati; mentre quelli da caccia vengono segregati nel serraglio al freddo senza contatto umano se non quando "servono" per la battuta. - Come le due cose convivano e vengano considerate normali è un mistero che forse un giorno la scienza potrà spiegare -

Ed ecco perché tanta disperazione e dolore. Non gli hanno ucciso la bestia da riporto, ma il cane di famiglia. Probabilmente la cosa ha innescato dei processi nella sua mente e l'impensabile è avvenuto. Infatti è qui davanti a noi che in un racconto fiume descrive tutto ciò che sa e vede nella vallata. Molte cose non le sapevamo neanche noi, roba da far rabbrividire - o vomitare per chi non è abituato - cose che altrimenti, secondo me, non racconterebbe neanche se avesse una pistola carica puntata alla tempia.

$Collega_PP: Sì, infatti, sappiamo che ci sono molti problemi di bracconaggio su dalle sue parti, che è endemico, e molto frequente...
Il signore sgrana gli occhi e stupito fissa il mio collega replicando
$Cacciatore: Cooosa? No, lei non ha capito, non è frequente. Da me si va di frodo trentasei ore al giorno, cinquecento giorni l'anno. Non è frequente. Lì da me non c'è nessuno di sano.

L'epilogo, come molte altre volte, non si può raccontare.



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