lunedì 25 febbraio 2013

La storia del rimborso della servitù venatoria

La storia di questo dimenticato indennizzo inizia venti anni fa, quando nel lontano 1992 venne approvata la legge 157 sulla "protezione della fauna omeoterma e il prelievo venatorio".

Un po' per superficialità, distrazione, o forse per servilismo verso la lobby dei cacciatori, di questa legge fu applicata in modo puntuale e zelante tutta la parte riguardante il "prelievo venatorio", mentre la protezione della fauna omeoterma, evidentemente, poteva aspettare.
Tra gli articoli caduti nel dimenticatoio c'è anche il nostro articolo 15, quello del rimborso.
Ma per capire la sua ragione di esistere bisogna tornare ancora indietro nel tempo, fino al 1942, quando qualcuno volle "instillare nell'italico maschio un sano spirito prebellico", emanando l'articolo 842 cc, che concede ai cacciatori di entrare nei fondi privati altrui per lo svolgimento della caccia, anche contro la volontà del proprietario stesso.
Costui alcuni anni dopo fu ucciso e appeso a testa in giù a Milano, ma l'articolo 842 gli sopravvisse, giungendo fino ai giorni nostri.

Tornando al 1992, durante la stesura della legge 157, il legislatore si accorse dell'anticostituzionalità dell'articolo 842, ma non potendolo cancellare (a causa dell'allora come oggi potente lobby di cacciatori ed armieri)  decise di riconoscere un indennizzo al proprietario terriero. In poche parole, l'agricoltore non può impedire che i suoi terreni vengano impiegati da altri per i loro comodi, ma per questo deve essere remunerato. Questo è legge (articolo 15 legge 157/92)
Da qui la servitù venatoria sarebbe diventata almeno rimborsata, e l'onere ricadde sulle regioni, con fondi derivanti dalle licenze di concessione venatoria.
Sarebbe. Perchè da allora l'articolo 15 è inchiostro su carta. Nessuno si è mai ricordato della sua esistenza, se non durante la stesura delle leggi regionali sulla caccia (massima priorità per qualsiasi giunta regionale) le quali a volte delegano alle provincie l'attuazione del rimborso.
Poi più nulla.

Sfortunatamente ad oggi il riconoscimento di questo diritto non è automatico come dovrebbe essere, quindi il singolo agricoltore deve attivarsi per ricordare alle istituzioni il credito che vanta.
Il modo più semplice per riuscirci è inviare una raccomandata A/R alla regione/provincia dove sono ubicati i terreni, allegando anche le visure catastali dei terreni stessi (gli stessi fogli usati per calcolare l'IMU). Moduli e fax-simile sono reperibili sul sito www.faunalibera.it

giovedì 21 febbraio 2013

Indiana ARM_ e la via maledetta

Siamo io e $collegaM, tanto per cambiare, in viaggio verso il luogo di una segnalazione. Il classico caso di cane a catena corta. Dobbiamo andare in via Roma n°13 presso $comune. Apparentemente è una segnalazione ben fatta - spesso non lo sono - con tutte le informazioni necessarie, tra cui l'indispensabile indirizzo. Arriviamo sulla via e subito notiamo una cosa molto poco bella. I numeri civici sono messi alla $membro_di_segugio, poichè non seguono nessuna logica. Abbiamo da una parte della strada i civici 1 - 5 - 7 - 28 - 42 - 7b - 5c ecc.. (no, non sto scherzando), dall'altra parte 77 - 41 - 20 - 75 ecc..

TUTTA LA VIA COSÌ!

[Se volete sapere dov'era il 3, ebbene si trovava dall'altro lato della via. Di fronte il 3c. Il 3b invece deve essersi suicidato, perchè non l'abbiamo visto.]

Percorrendo la via finalmente troviamo un civico 13. Ma la gioia è di breve durata, poichè la descrizione dei luoghi non corrisponde alla segnalazione.
Iniziamo a credere di avere un errore nella segnalazione stessa (cosa già successa) ma qualcosa non quadra - anzi, molto non quadra - e guardandoci intorno troviamo un civico 77. Un altro.

Non solo i maledetti numeri li hanno estratti con la ruota del lotto, ma dopo l'estrazione li hanno pure ributtati dentro!

Alla fine troviamo il civico 13 che ci interessa. In una stradina laterale che si arrampica su un colle, abilmente nascosta dal verde. Con altri civici già presenti nella strada "principale", ovviamente. Forse in passato questa "stradina" aveva un suo nome, diverso da Roma, ma visto l'andazzo la probabilità è ritenuta remota.

Di certo chi ha fatto sta roba odia i postini, oppure ha ripetuto troppe volte la prima elementare.

[No, il ventordici non l'abbiamo visto, ma non l'abbiamo neanche cercato]