lunedì 19 novembre 2018

Scoperte sconvolgenti

Io e $collegaP siamo acquattati sull'erba bagnata nascosti da un basso cespuglio, teniamo d'occhio un capanno per controllare cosa sta combinando il cacciatore. Dopo un bel po' di tempo appuriamo che non combina nulla di male e si limita a sparare solo a specie cacciabili, caso più unico che raro in una delle provincie caposaldo del bracconaggio in Italia. Potrebbe essere uno dei pochi onesti, come uno che è stato avvertito della nostra presenza.
Decidiamo comunque di effettuare il controllo.
L'anziano cacciatore ci accoglie con scarso entusiasmo ma ottempera alle nostre richieste. È visibilmente a disagio e preoccupato, chiarisce subito che non sa cosa fare e cosa darci. Ebbene abbiamo trovato un altro "verginello", cioè uno che in vita sua non è mai stato controllato.

$P: Da quanto tempo va a caccia?
$Cacciatore: Ah, da quando son un puteo

Introduciamo quindi il gentil signore alle gioie e le delizie del controllo amministrativo.
Le carte sono tutte in regola, nulla fuori posto, pero $collegaP nota un edificio vicino, meno di 150 metri... Proprio nella linea di fuoco del capanno.
Con la fida cordella metrica appuriamo che la distanza tra capanno e fabbricato è ben meno di 150 metri.

Io: Signor $Cacciatore, mi spiace ma la devo sanzionare, la distanza non è sufficiente, come le spiegavo prima
$Cacciatore: Non podì sarar n'ocio?
Io: No, mi spiace davvero, se fossero stati 148 metri il modo lo trovavo, ma qui siamo davvero troppo vicini. Se vuole le diamo una mano a spostare il capanno o girarlo, così non avrà più il problema.
$Cacciatore: Ma nissun me ga mai dito ninte in tuti sti' anni.
$CollegaP: Nessuno l'ha mai controllata. Le è andata di lusso fino ad oggi.
Io: Non si preoccupi, non è la fine del mondo, non l'ga mia copà 'n omo. Adesso le spiego tutto in dettaglio. Con questo verbale le contesto la violazione di questo articolo, la sanzione edittale è questa e qui è indicata la modalità di estinzione, sul retro trova un sunto della legge e dei suoi diritti e doveri...
$Cacciatore mi interrompe
$Cacciatore: Ma mi non so lèxare!
Mi gelo. Anche $collegaP. Ci guardiamo.
Come fa il signore a compilare il tesserino, a segnare i capi abbattuti, a leggere il calendario? I suoi documenti sono perfetti, come fa a segnare tutto giusto?
$CollegaP: E come fa a compilare la giornata?
$Cacciatore: Fa tuto me mojer 'a matina.
Faccio firmare il verbale ed effettivamente il signore firma con una X, ed anche sulla licenza di porto fucile campeggia una bella X. Chiedo di poter verificare la carta di identità. Sì, è un analfabeta.
Io: E i capi abbattuti?
$Cacciatore: Copo poca roba [poche specie, ndr], go imparà a memoria quaƗe *xe 'a riga giusta. 

Come ha fatto a sostenere gli esami per conservare la licenza in questi anni?
La risposta, in effetti, è una trivialità e lasciata come esercizio al lettore...

Però almeno questo cacciatore, a parte la parentesi del mancato rispetto della distanza, è una brava persona.


lunedì 28 maggio 2018

L'uccellodotto

Da sempre l'umanità costruisce infrastrutture, è forse la nostra caratteristica più peculiare.
Fin dall'inizio della nostra storia abbiamo necessità di spostare beni e risorse sul territorio, in modo da garantirne l'approvvigionamento alle città e ai campi coltivati, o per permettere agli eserciti di muoversi con rapidità sul territorio. Molte risorse erano così importanti e preziose da giustificare la costruzione di opere immense, monumentali, che per l'epoca dovettero essere uno sforzo immane. Infrastrutture che permettevano di attraversare ostacoli e percorrere grandi distanze in poco tempo e con meno fatica, in modo sicuro.
Questo specchietto ci permette di capire anche che cosa era considerato "prezioso" ed "importante" da un popolo. In tempi antichi si costruivano gli acquedotti e le prime rudimentali forme di viadotto, le necessità e le disponibilità tecnologiche erano più modeste. In tempi moderni abbiamo costruito ferrovie, poi autodotti, per connettere le nostre città e permettere spostamenti a velocità prima inimmaginabili. Anche oggi le nostre necessità si riflettono nelle grandi opere, e così abbiamo elettrodotti, oleodotti, gasdotti, una capillare rete di autodotti ed autostrade, in alcune occasioni ho sentito parlare di "datadotti", riferito sia ai grossi cavi transoceanici sia alle dorsali che permettono di trasferire rapidamente grandi moli di informazioni. Scaviamo gallerie sempre più profonde nelle montagne, costruiamo ponti sempre più lunghi su laghi e bracci di mare per soddisfare i nostri bisogni.

Appunto, ogni popolo costruisce l'infrastruttura che più gli serve, per ciò che considera importante.
Che cos'è importante per il cacciatore veneto?

L'oseo!

Effetto dissolvenza...

Un forestale ci raccontava di un'operazione svolta molti anni prima in un roccolo, quando ancora i controlli si facevano con più frequenza.
Per chi non lo sapesse un roccolo è una struttura autorizzata dalla provincia per l'uccellagione, altrimenti severamente vietata. Il roccolatore con le reti cattura i volatili selvatici e poi li consegna alla provincia, la quale poi, secondo una graduatoria, li regala ad un certo numero di cacciatori. In genere il roccolo è affidato ad una persona di fiducia - leggasi cacciatore - che lo gestisce, rendiconta il suo operato e consegna i suoi volatili ad incaricati della provincia. In teoria dovrebbe anche liberare le specie non oggetto di prelievo.

Cosa succede quando il gestore non è poi degno di così tanta fiducia?

È già successo in passato che il roccolatore tenesse per se una parte dei volatili catturati, oppure quelli che muoiono per lo spavento, lo stress o le gabbiette in cui vengono costretti, per poi rivenderli, ed è per questo che i forestali tenevano d'occhio queste strutture, la tentazione è forte e gli acquirenti non mancano.

Come trasportare decine di volatili, sia vivi che morti, sotto il naso di eventuali agenti che controllano tutti gli accessi e i movimenti di persone nell'area?

È un problema non da poco. Attorno a questo business girano molti soldi, non solo di cacciatori sempre bisognosi di richiami vivi, ma anche di ristoranti che fanno il famoso spiedo.

Per questa ragione un gruppo di intraprendenti cacciatori locali, in tempi non sospetti, aveva scavato nel bosco e nella roccia un condotto, per poi rivestirlo ed occultarlo, abbastanza grande da far scivolare verso valle un uccello e con la giusta pendenza e senza salti, in modo che calze e sacchetti non prendessero troppa velocità o non rimanessero bloccati. Pare che che il tunnel partisse direttamente dal roccolo e finisse a valle, in casa di un complice. In questo modo pensavano di poter eludere i controlli, e per un certo periodo ci riuscirono anche.
Però le forze dell'ordine subodorarono che qualcosa di strano stava succedendo, ed iniziarono ad indagare. Dopo molto tempo, appostamenti, riprese e controlli incrociati capirono che c'era qualcosa di davvero strano, ma non riuscivano a capire cosa e come.
Infine, grazie al brillante intuito di una squadra unito a un pizzico di fortuna, trovarono una sezione parzialmente scoperta dell'uccellodotto e poterono seguirlo fino a casa del complice, trovando... Di tutto. Letteralmente di tutto. La cupidigia dei cacciatori è sfrenata, e quando hanno l'occasione di "abbuffarsi" perdono qualsiasi freno inibitore; devono catturarne tanti, di ogni specie. Traffico illecito, ricettazione, cattura di specie protette e superprotette sono la consuetudine; e questa volta non fa eccezione. I responsabili vennero identificati e l'uccellodotto smantellato, ma rimane la convinzione che molte più persone fossero a conoscenza e abbiano partecipato attivamente alla realizzazione e alla manutenzione dell'infrastruttura e allo smerciamento della refurtiva. L'omertà regna sovrana.

Così finisce la storia dell'uccellodotto, opera dell'ingegno del popolo dei cacciatori che con temerarietà affrontava le sfide e le insidie di un mondo in evoluzione e cambiamento, tentando di sopravvivere e sottrarsi ad un inevitabile oblio, e che dècade dopo dècade lascia sempre meno spazio a pratiche crudeli e al depauperamento incontrollato del nostro delicato patrimonio faunistico ed ambientale.

lunedì 8 gennaio 2018

La vendetta del bagolaro

Dietro la mia vecchia casa vi è un complesso residenziale abbastanza recente, ma prima era sede di una vecchia fornace un tempo collocata fuori città, ma che con l'espandersi della stessa la fornace venne inglobata e cadde in disuso, abbandonata. Gli edifici nel corso dei decenni vennero avvolti dalle piante e l'asfalto del piazzale venne rotto da giovani alberi, liberi di impossessarsi di quel nuovo territorio.
Molto tempo dopo, anche e soprattutto a causa del fatto che gli edifici pericolanti vennero occupati da gente poco raccomandabile, le amministrazioni decisero di "riqualificare" l'area trasformandola in una moderna area residenziale. Gli edifici già esistenti, essendo considerati "resti archeoindustriali", vennero ristrutturati ripristinandone l'aspetto che dovevano avere nell'altro secolo, mentre per l'area pseudoboschiva formatasi il destino non poteva essere che uno solo. Capisco che i lavori di edificazione siano complicati dalla presenza di piante e cespugli, ma sono convinto che non sia sempre necessaria la totale eradicazione di ogni forma di vita vegetale.
Le piante sono generalmente impotenti davanti alla forza di ruspe e trattori, ma non significa che non provino a difendersi.

Questa è la storia di un bagolaro (celtis australis) che ha venduto cara la pelle, cagionando il maggior danno possibile.
Il bagolaro è anche noto come "spaccasassi", un nome una garanzia. Il legno, anche se non pregiato, è duro ed elastico, e l'apparato radicale appunto è abbastanza potente da frantumare i sassi.

Probabilmente i rudi e nerboruti operai del cantiere non lo sapevano.

Già l'opera di taglio si rivelò complessa, impegnando la squadra di operai più tempo del previsto. Lo si poteva capire dallo sbraitare e l'agitarsi del capocantiere, vestito con maglietta a maniche corte nonostante le temperature tardo autunnali, che incitava i suoi uomini a bestemmie e picchiando un grosso tubo sui cingoli di una ruspa e sul tronco del povero bagolaro, ormai mutilato.
Per velocizzare l'opera il capocantiere diede ordine di spingere via il tronco e tutto il ceppo con una grossa rupa. Cosa sarà mai.
La ruspa provò uno, due, tre volte, senza che il ceppo si muovesse di un millimetro. Il capocantiere continuando a picchiare il tubo sui cingoli ordinò di prendere una bella rincorsa.

Si ruppe la benna della ruspa.

Come nei cartoni della Pantera Rosa il buffo capocantiere iniziò a saltare agitando le braccia e lanciando incomprensibili maledizioni. Chiamò un'altra ruspa, più grossa, e ordinò di legare il ceppo al braccio in modo da sollevarlo ed estrarlo da terra. Il ruspista dava potenza, la ruspa affannava, il braccio si piegava. Niente da fare, il ruspista fece cenno al capocantiere, non funzionava. Il capocantiere non volle sentire ragioni e ordinò di provare a dare strattoni forti. Il ruspista provò.

Si ruppe il pistone idraulico del braccio.
Il ceppo di bagolaro non si mosse di un millimetro.

La ruspa ferita si allontanava mentre il capocantiere, ancora più isterico, saltava qui e li come un grillo reclutando tutti gli uomini che riusciva a trovare. Decisero di scavare attorno a ciò che restava dell'albero, segando le radici man mano che le incontravano. Scavare con una ruspa non era possibile perché l'apparato radicale era ben sviluppato ed affrancato, le radici erano troppo grosse per essere spezzate dalla pala meccanica. Fu un lungo e faticoso lavoro di vanghe e motoseghe. La mia memoria ritorna alle lezioni di storia, ai tempi in cui gli antichi ingegneri scavavano sotto le fortificazioni nemiche allo scopo di far poi collassare i tunnel e con loro le mura di cinta soprastanti.

Verso il tardo pomeriggio la trincea scavata attorno al rivoltoso albero era completa, profonda e larga a sufficienza. Tutti erano pronti ad assaporarsi il momento, l'albero non avrebbe più potuto resistere. Ed avevano ragione. Ma purtroppo per loro il bagolaro aveva la sua ultima carta da giocare.

Legarono con grosse catene il tronco ad una ruspa, ed iniziarono a tirare. Lentamente il ceppo iniziò a piegarsi, venendo estratto dal terreno, ma c'era ancora qualcosa che tratteneva il dannato ceppo. La ruspa dava sempre più potenza.
 
CRAK!

Un muro di cinta del condominio crolla

Un prepotente getto d'acqua schizza fuori dal terreno

Ebbene sì, le ultime radice crescevano attorno a una condotta idrica e pericolosamente vicino al muretto del condominio. E il ceppo estratto dal terreno si è portato dietro tutto...

*****

A distanza di qualche anno, terminati i lavori, lì hanno fatto una pista ciclabile, e nel punto esatto dove viveva il protagonista di questa storia ora cresce un qualche tipo di melo ornamentale a fare ombra ai ciclisti.

Come dicevo, a volte sarebbe meglio lasciare qualche pianta

lunedì 1 gennaio 2018

Auto finanziamenti

Ogni tanto capita che ci venga chiesto dove troviamo i fondi per operare. Può essere un cittadino non troppo felice della nostra visita ed in vena di polemiche, ma altre volte sono persone davvero incuriosite e magari desiderose di fornire un supporto reale alla causa.
Siamo tutti volontari, nessuno di noi è retribuito, al momento in cui scrivo non abbiamo automezzi del nucleo, usiamo i nostri personali (con i vantaggi e gli svantaggi che ne derivano). Quindi non abbiamo particolari spese vive. Le attrezzature come divisa, fregi, lettori di chip e altri supporti tecnologici sono costosette ma l'acquisto è una tantum. La maggior spesa paradossalmente viene dai costi di cancelleria e dalle spese di notifica.
Insomma, con un uso oculato delle risorse riusciamo a muoverci agevolmente. Certo, con più fondi potremmo permetterci qualche veicolo più adatto di una povera Twingo, la mia povera Twingo. Ma questo è ciò che passa il convento.
Una forma di "autofinanziamento" discretamente efficiente, messa a punto da $Collega_M, è quella del casello autostradale. Autofinanziamento nel senso che lo facciamo proprio in auto.
A volte capita di dover usufruire dei servizi delle autostrade perché dobbiamo giungere sul posto nel più breve tempo possibile, o perché non abbiamo abbastanza tempo per evadere tutte le segnalazioni.
Al casello d'uscita, mentre paghiamo il dovuto, $Collega_M compie una rapida scansione dell'asfalto e dello sportellino dove la macchina fornisce il resto. Rapida come un giaguaro individua e si appropria di eventuali monetine cadute o dimenticate. Incredibilmente ogni volta salta fuori una porzione interessante della tariffa, occasionalmente anche più di quanto pagato. Sì, la fortuna di $Collega_M è sfacciata.

Alcuni dicono che è il karma che ci ricompensa per le nostre buone azioni. Io non ci credo, ma è bello pensare che ci sia una stella che ci guarda e ci assiste…