lunedì 17 settembre 2012

La nobile arte di diana

Da pochi giorni si è riaperta la caccia. In realtà essa era già aperta grazie alle preaperture. Quando i cacciatori piangono i legislatori corrono.

Svolgere la vigilanza venatoria è un impegno ancora più gravoso della semplice zoofilia. Non tanto dal fatto che i soggetti con cui ci si confronta siano armati (noi non lo siamo), ma dal contesto della situazione. Le norme sulla caccia sono complesse (e per lo più disattese o aggirate), e i cacciatori sono fiancheggiati da una lobby molto potente che li protegge, esponendo così la guardia a rischi legali qualora commetta un errore. Senza contare i rischi personali. Non è la prima volta che una guardia viene minacciata o subisce danni materiali per ritorsione a qualche controllo ritenuto inopportuno.

[perché ovviamente, se te hai i richiami vivi mutilati o il richiamo elettroacustico, non è colpa tua che stai violando delle norme penali, lo stronzo sono io che ti ho sorpreso ad usarli]

All’inizio credevo che i miei colleghi fossero prevenuti verso il mondo della caccia. Già alla mia prima uscita ho capito che non erano prevenuti, ma semplicemente realisti.

Mi sono reso conto che la “nobile arte di diana” non è altro che il disprezzo non solo della legge, ma delle più elementari norme di sicurezza.
Dietro alle “buone e sane tradizioni” si nascondono solo l'illegalità e i propri interessi, cioè quello di fare carniere. Poco importa il resto. Se non riescono a fare carniere, devono inventarsi qualcosa. Perché fare carniere è loro diritto. Pagano la licenza di caccia, quindi tutto è concesso.

Nel corso del tempo matura in loro questa convinzione, complice la sostanziale assenza di controlli da parte degli organi competenti. A titolo di esempio: un cacciatore controllato, sulla sessantina. Era visibilmente agitato dal controllo, e ha candidamente ammesso che in tanti anni non era mai stato controllato prima.
Il risultato è che quando arrivano le guardie zoofile, armate di corda metrica, e rilevano che il capanno è a 9,60 metri da una strada (distanza minima 50 metri), e che bisogna fare la sanzione, il cacciatore lo vive come un sopruso. Ormai è un diritto acquisito, tanto su quella strada non passa nessuno, e poi lui spara dall’altro lato. Sono tanti anni che lui sta li, nessuno gli ha mai detto nulla.
Quindi nella mente del cacciatore la cosa non si traduce in “l’ho fatta franca per tanti anni, ora è meglio che sposti il capanno”, ma diventa “le guardie zoofile ci perseguitano, ci vessano, sfruttano la loro posizione per imporre le loro idee”.

La realtà è che anche se fosse vero che le guardie vogliano perseguitare i cacciatori, non hanno nessun bisogno di farlo, perchè le occasioni per sanzionare i cacciatori gli vengono offerte su un piatto d’argento.
Dall’altro lato, un po’ ovunque vedo la sofferenza di questi patiti dello schioppo, sofferenza dovuta al fatto che “gli vengono imposte le idee altrui, che loro non condividono”.
Questi ovviamente non si rendono conto che l’idea di essere svegliati all’alba (dai colpi di fucile) a fine settembre viene imposta a tutti coloro che abitano fuori città. Oppure l'idea di non poter portare il proprio cane nel proprio terreno, o di farci un pic-nic in santa pace.
Non sono rari gli agricoltori che non possono più entrare nel proprio terreno a curare le proprie piante perché temono per la propria vita (i giorni di apertura sono i più pericolosi).

Nascondendosi dietro la bandiera dell’ambientalismo e delle tradizioni pretendono un rispetto che dimostrano di non conoscere. Non tanto verso gli animali, che amano da morire, ma verso gli altri esseri umani, ai quali impongono le loro idee e le loro tradizioni, salvo poi reagire aggressivamente se qualcuno se ne lamenta.

Un giorno spero di poter raccontare in dettaglio qualche uscita, o meglio, caricare un video. Perché se non si vede, non si crede.

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